Pavia è ancora una volta protagonista di particolarissime pagine nelle quali si racconta e si fa raccontare. La nostra città infatti presta la sua voce a quanti la conoscono, la vivono, la amano. A quanti parlano il suo –nostro– dialetto. E questo libro è proprio una bellissima raccolta di quelle espressioni che comunemente chiamiamo “modi di dire”, ma che ben rappresentano la lingua e l’anima di chi, a Pavia, è nato o… rinato. Certo, perché il dialetto pavese è un po’ come la nebbia: ti entra nelle ossa e nel cuore fin da quando si è bambini o nel momento in cui si arriva all’ombra delle nostre torri.
È il caso di Mustafà, dal Senegal, o di Dimitri, dalla Grecia. Originari paesi lontani, non sono stati immuni dal dialetto, tanto da comparire nel volume con una frase dialettale che sta loro a cuore, che li diverte, che parla di noi e, adesso, anche di loro. Ma i personaggi del libro, tutti veri e propri protagonisti, sono davvero tanti. Si tratta di persone diverse, con lavori e vite differenti, ma uniti dal comune “bisogno” del dialetto. Perché, è inutile nasconderlo, noi pavesi siamo gente così, che, quando deve dire una cosa, anzi proprio quella particolare cosa, per dirla bene, la dice in dialetto. Così, tra un imprenditore e un’impiegata, tra un commerciante un giornalista, tra un prete e un baritono, queste pagine presentano una gustosissima carrellata di esclamazioni e di epiteti che ricordano qualcosa del passato o che insegnano qualcosa di nuovo. O forse entrambe le cose. Il volume è strutturato come “La cà ad Balnégar”, precedente pubblicazione dei due autori. Ogni pagina infatti ospita un detto, un volto, una traduzione e una spiegazione. Poche e semplici parole. E tutto quello che c’è da dire è stato detto.
Segnaliamo volentieri la breve, ma intensa “appendice” finale che riporta gustosi dialoghi e divertenti aneddoti. Insomma, ci si trova davanti a un bel libro, scritto bene, sia nelle parti in italiano, sia in quelle dialettali, cosa, questa ultima, per nulla scontata.
I “colpevoli” di questa raccolta sono Paolo Zanocco e Tosco Fontana. Il primo è nato a Pavia, dove riesce ad essere tanto bravo medico, quanto brillante intrattenitore e animatore. Ha già pubblicato due libri dei suoi sonetti e due CD musicali di sue canzoni. Il secondo, nato a Codevigo, ma subito “allattato” da Pavia, è un barbiere attento non solo alle acconciature, ma anche alle tradizioni e ai modi di essere dei pavesi.
Per concludere segnaliamo la bella fotografia dei due autori nell’ultima pagina. Se in “La cà ad Balnégar” sorreggevano la Minerva, in questo volume, hanno sulle spalle addirittura il Ponte Coperto. Visto l’arduo compito, li lasciamo, oltre che con i complimenti, con un sincero augurio: “Fiö, tignè dür!”.
“Sèt un ciùla”, a cura di Paolo Zanocco e Tosco Fontana, Edizioni Mille Muse