Confesso la mia totale assenza di imparzialità nel parlare del salame di Varzi, perché è il mio preferito nello sterminato schieramento di salumi e insaccati italici e forestieri. È un salume che ha ottenuto il marchio DOP nel 1996 ed è prodotto nella zona della Comunità Montana dell’Oltrepò Pavese. Per la precisione, il salame di Varzi DOP è prodotto nei quindici comuni di Bagnaria, Brallo di Pregola, Cecima, Fortunago, Godiasco, Menconico, Montesegale, Ponte Nizza, Rocca Susella, Romagnese, Santa Margherita di Staffora, Val di Nizza, Valverde, Varzi, Zavattarello.
Il sito web del Consorzio riporta anche l’elenco degli undici salumifici iscritti al Consorzio di Tutela del Salame di Varzi. L’assegnazione del marchio DOP ha comportato la formalizzazione dei metodi di lavorazione e delle caratteristiche delle carni, e delle spezie, utilizzate. Senza scendere troppo nei particolari, il Varzi va prodotto con carni fresche suine e grasso provenienti da animali allevati in zone ben precise, il budello per l’insaccato deve essere di maiale, mentre la grana dell’impasto tritato è piuttosto grossa.
Acquistare il salame di Varzi
In commercio, oltre ai cacciatori (del peso inferiore ai due etti), si trovano quattro tipi diversi di salame di Varzi DOP, secondo il peso e la stagionatura:
- Filzetta, da mezzo chilo a sette etti, stagionatura minima di 45 giorni
- Filzettone, da mezzo chilo a un chilo, stagionatura minima di 60 giorni
- Sottocrespone a budello semplice, da uno a due chili, stagionatura minima di 120 giorni
- Cucito a budello doppio, da uno a due chili, stagionatura minima di 180 giorni.
Gli ultimi due sono salami di grandi dimensioni; quello con il budello doppio permette di mantenere in modo eccellente la fragranza delle carni. All’acquisto, il Varzi dev’essere elastico, né troppo molle né tanto meno duro come un sasso. Quando si taglia, la carne deve avere un bel colore rosso vivo, mentre il grasso dev’essere perfettamente bianco; l’impasto dev’essere compatto. Sul budello può esserci un po’ di muffa grigia.
Come si crea un salame di Varzi
Per i salami di Varzi sono impiegati solo tagli di carne ben precisi. Anche per il grasso la scelta cade solo su alcune parti del maiale, inoltre non possono essere utilizzate carni congelate o conservate. Ecco, a grandi linee, il processo di produzione:
- Si esegue la tritatura di carne e grasso
- Si procede all’aromatizzazione, con sale, pepe, aglio e vino rosso
- L’impasto viene immesso nei budelli
- Seguono poi la stufatura (1-4 giorni) e l’asciugatura (7 giorni)
- L’ultima fase è quella della stagionatura, per un periodo adeguato al tipo e alla pezzatura del salame.
Il salame di Varzi è meglio mangiarlo in fette belle spesse, piuttosto che farne scempio con quelle miserabili fettine di carta velina, che s’impiastricciano sulle dita. Se ne mangi piuttosto una sola fetta, ma bella seria, che tre o quattro da gagarella! Per il pane si andrà secondo i propri gusti, tuttavia, poiché questo salame viene dalle colline a sud del Grande Fiume, lo si può ottimamente accompagnare con qualche fetta di micone dell’Oltrepò. E per restare nel territorio, un bel bicchiere di Bonarda completerà il quadretto nostalgicamente localistico. Io sono comunque uno di quelli che, con il pane e salame, bevono ben volentieri anche una Coca Cola!!!
Per finire, mi asterrò dal tentare di descrivere a parole il sapore del Varzi: potete facilmente trovarlo in commercio, almeno in Lombardia e dintorni. Inoltre nel periodo primaverile, un bel giretto enogastronomico in Valle Staffora vi consentirà di fare incetta di questa e di altre ghiottonerie locali.