Il volume presenta un racconto decisamente particolare, sia per la trama, sia per i modi della narrazione.
La vicenda è ambientata nell’Oltrepò Pavese. In particolare in quel “piccolo” Oltrepò che si sorregge su di una realtà contadina, legata alla coltivazione della vite, ai campi, alla chiesa -anch’essa piccola- di un paese, di un gruppo persone che fanno una comunità.
La solo apparente, serena stasi è percossa dagli eventi. Ma anche già la tipologia dei personaggi fa emergere una straordinaria capacità narrativa: gente semplice, legata alla realtà, che si muove in una atmosfera divisa tra il sogno e il vero. Quasi ci si trovasse in una dimensione tra due mondi, spesso al di là del tempo. Forse è colpa di Luigi, un figlio tossicodipendente, che scompare. O forse di persone come quella donna vecchissima che “parlava con misurata lentezza, come se avesse il cuore in giorni ed eventi lontani”.
Per non dire poi di Martino che, sacrestano di una chiesa che non c’è più, si prende cura di un criceto. Non ultimi, hanno un valore aggiunto i genitori di Luigi, le cui figure si stagliano, decise e delicate, all’interno delle vicende. Tutti questi personaggi, diversi e distanti, hanno però un denominatore comune fortissimo: la voce del proprio “io”. È una voce che diventa ora musica, ora rumore e viceversa. Lontano dell’essere un mero racconto psicologico, questo volume offre un trama ricca di eventi che portano a un finale inaspettato e, soprattuto, da intendere.
In questa affascinante ambientazione, di cui spesso la natura è voce narrante e viva, a volte sembra che tutto possa accadere. Balla la fata, balla la strega; qualcuno, nel freddo silenzio della solitudine, brucia i suoi sogni per scaldarsi un po’. L’atmosfera rarefatta assume anche toni lirici non indifferenti attestati, ad esempio, dalle parole, buone e croccanti di umile semplicità, di un padre che si rivolge a Dio per la salvezza del figlio.
Che bella poesia, la preghiera di un uomo che soffre! Colonna sonora, curiosa ed efficace, di tutto il testo, sono certi versi poetici che, di tanto in tanto, musicano i capitoli. Quasi fossero una chiave di lettura. In questo teatro, dalle scenografie colorate con tinte lontane e vicine, soffuse e forti, si svolge la storia di chi, catturando mosche, liberò farfalle.
Autore di questo volume è Marco Custodero. Nato nel 1958 e laureatosi in ingegneria elettronica, è prematuramente scomparso il 26 aprile 2009. La Biblioteca di Montalto Pavese, paese in cui viveva e che amava, gli ha dedicato un concorso letterario di narrativa per opere inedite ottenendo una risonanza a livello nazionale. Custodero è già stato presente in questa rubrica con il romanzo “Le foglie”.
“Nuvole di marmo”, di M. Custodero, Ed. Nuovi Autori