L’esame olfattivo
L’olfatto è fra i nostri cinque sensi quello meno sviluppato e meno utilizzato ma, allo stesso tempo, quello più evocativo. Sarà successo a tutti di sentire un profumo o un odore e associarlo immediatamente a un luogo, un evento o una persona del proprio passato; l’olfatto è affascinante: ci apre la porta di un mondo ineffabile ma reale, fatto di sensazioni ed emozioni. È ovvio, quindi, quindi che un vino, per essere davvero buono, debba suscitare emozioni e che l’esame olfattivo rivesta un ruolo fondamentale nella valutazione di un vino. Certo nelle prossime righe descriverò la parte tecnica della degustazione il cui scopo è quello di poter descrivere un vino ad altri in modo comprensibile e di fornire strumenti comuni per la sua valutazione e il suo confronto con altri vini; non dimentichiamoci però che questo prodotto nasce per essere bevuto, per creare atmosfere serene e conviviali e per permetterci di godere di momenti di felicità (da non confondersi con l’annebbiamento della mente dovuto all’abuso nel suo consumo!).
Un volta versato in un bicchiere adatto e alla corretta temperatura, ogni vino avrà bisogno di un po’ di tempo per “aprirsi” e permetterci così di apprezzarlo al meglio. Iniziamo a portare il bicchiere al naso senza rotazione e proviamo a capire cosa il vino ci racconta: la prima cosa che di solito si nota è l’intensità del profumo (tenue, leggero, intenso, molto intenso, profondo) immediatamente seguita da sensazioni legate alla sua piacevolezza. Si parla quindi di franchezza e finezza. La franchezza indica l’assenza di odori sgradevoli talvolta presenti per errore nel vino (odore di tappo, di ridotto, di ossidato, di feccia, di muffa, di anidride solforosa, ecc.); per quanto riguarda la franchezza un vino può essere definito poco schietto, sufficiente, schietto e molto schietto. La finezza, invece, indica quanto siano eleganti e, appunto, fini i profumi che provengono dal vino che può quindi essere definito grossolano, comune, mediamente fine, fine e molto fine.
Si apre ora uno degli aspetti più intriganti ma anche complessi di una degustazione: identificare e descrivere i profumi che provengono dal bicchiere. Innanzitutto una precisazione: non sono necessarie doti miracolose, ma solo conoscenza dei termini e tantissimo allenamento (è uno sporco lavoro ma qualcuno deve pur farlo!). I profumi sono stati suddivisi in famiglie così come riportato nella tabella. All’interno di ciascuna famiglia si identificano i vari profumi; ad esempio nella famiglia “fruttato” potremmo riconoscere la ciliegia, i lamponi, la pesca o la mela e nella famiglia minerale la grafite o la pietra focaia. Ovviamente non è possibile in questa sede descrivere nel dettaglio tutti i possibili profumi delle diverse famiglie tenuto anche conto del fatto che tali profumi, detti descrittori, a parità di famiglia saranno differenti nei vini rossi, rosati oppure bianchi.
Il numero di famiglie e di descrittori riconoscibili in un vino ne determinano la complessità olfattiva: un vino in cui siano riconoscibili pochi descrittori di una singola famiglia sarà definito sottile al contrario di uno con molti descrittori di diverse famiglie in equilibrio tra loro che potrà essere definito sontuoso. La scala completa dei termini per descrivere la complessità è la seguente: monocorde, semplice, sottile, complesso, sontuoso. Durante l’analisi olfattiva è opportuno ricercare prima le famiglie principali, poi definirne i descrittori e, solo alla fine, la complessità.
Terminata questa prima olfazione a bicchiere fermo dovremo ora ruotarlo per facilitare l’ossigenazione del vino e la fuoruscita di quei profumi, dovuti a molecole meno volatili, che hanno più difficoltà nel rivelarsi e quindi ripetere l’analisi appena descritta.
È necessario ricordare che l’olfatto va soggetto alla così detta saturazione, cioè alla riduzione della capacità di riconoscere i profumi dovuta a una sovraesposizione della mucosa olfattiva ai profumi stessi; di conseguenza evitate di annusare il vino troppo a lungo e troppe volte.
Analisi gustativa
Eccoci giunti all’assaggio del nostro vino. In genere un primo piccolo sorso è utilizzato per “avvinare” la bocca mentre col secondo si procede all’analisi gustativa vera e propria. La prima caratteristica che si apprezza di un vino all’assaggio è una sensazione tattile: il corpo. Il corpo di un vino è dato dal suo contenuto in alcol, glicerina e zuccheri o, cono una definizione più generale, dal suo estratto secco. Si può paragonare il corpo di un vino alla sensazione di peso che quest’ultimo ci regala in bocca. Il corpo può essere definito come magro, leggero, di corpo, strutturato o robusto.
Le altre caratteristiche gustative sono raggruppate in due gruppi: le morbidezze e le durezze.
Le morbidezze rappresentano gli aspetti più suadenti e avvolgenti di un vino, cioè l’alcolicità, la morbidezza e gli zuccheri. L’alcolicità, secondo la quale un vino può essere definito debole, leggero, caldo, molto caldo o alcolico, appartiene alle morbidezze in quanto l’alcol etilico in bocca è percepito come dolce e quindi ammorbidisce il vino. La morbidezza è data dai polialcoli e in particolare dalla glicerina. In relazione a questa caratteristica un vino può essere definito carente, poco morbido, rotondo, pastoso o grasso; anche la glicerina ci dona sensazioni dolci al gusto.
Gli zuccheri residui sono i principali responsabili dell’eventuale dolcezza di un vino; in relazione al contenuto zuccherino i vini sono identificabili come secchi, abboccati, amabili, dolci o molto dolci.
Le durezze rappresentano, al contrario, il lato più spigoloso e ruvido di ogni vino, ma la loro presenza è indispensabile per bilanciare le morbidezze dando così equilibrio e armonia al vino e renderlo piacevole da bere. L’acidità, rappresentata nella degustazione dall’acidità fissa, permette al vino di risultare fresco al gusto, indurre la salivazione, avere la capacita di pulire e sgrassare il cavo orale dal cibo, contrastare le morbidezze nonché di resistere all’invecchiamento. In relazione all’acidità un vino può essere definito piatto, scarno, fresco, fresco vivo, acerbo. La sapidità, data dal contenuto in Sali minerali del vino, svolge un ruolo simile a quello dell’acidità. Si parla di vini con sapidità non percettibile, leggermente sapidi, sapidi o molto sapidi.
Un ruolo fondamentale è svolto, solo nei vini rossi, da una particolare famiglia di polifenoli: i tannini. Sono proprio questi ultimi che danno ai vini rossi la sensazione allappante provocando la precipitazione della saliva. I tannini, così come l’acidità, aiutano inoltre il corretto invecchiamento del vino. Un vino può essere carente, poco tannico, giustamente tannico, tannico o allappante. Aspetto fondamentale di un vino è il suo equilibrio, cioè il rapporto fra le morbidezze e le durezze: un vino equilibrato sarà più piacevole da bere, non sarà stucchevole né eccessivamente spigoloso. In relazione all’equilibrio si parla di vino disarmonico, leggermente disarmonico, sufficientemente equilibrato, equilibrato o armonico.
Sensazioni retro – olfattive
In tutti i vertebrati terrestri il cavo orale comunica con le cavità nasali attraverso due aperture nel palato posteriore: le coane. I “sapori” che noi percepiamo mangiando o bevendo sono in realtà generalmente profumi recepiti per via retro – olfattiva attraverso le coane. Infatti, la nostra lingua è in grado di discriminare solo i quattro sapori fondamentali: dolce, acido, salato e amaro. Il sapore di fragola, di pomodoro o del brasato sono in realtà sensazioni retro – olfattive; è per questo motivo che quando si è raffreddati non si percepiscono i “sapori” in quanto il nostro apparato olfattivo non è in grado di funzionare correttamente.
Le principali sensazioni retro – olfattive valutate durante una degustazione sono l’aroma di bocca e il fin di bocca (P.A.I.).
L’aroma di bocca è in realtà l’equivalente dell’intensità e della qualità durante l’esame olfattivo; pertanto anche i termini usati per descriverlo saranno gli stessi. Il fin di bocca o persistenza aromatica intensa (P.A.I.) è il tempo durante il quale dopo aver deglutito un sorso di vino il suo sapore rimane nella vostra bocca senza modificarsi. Essendo un tempo è misurato in secondi. Un vino sarà quindi definito come corto (fino a 4’’), poco persistente (fino a 6’’), sufficientemente persistente (fino a 8’’), persistente (fino a 10’’) o molto persistente (oltre 10’’).
In ultimo dovrà essere valutato lo stato evolutivo del vino per stabilire se possa ancora migliorare prolungandone l’affinamento in bottiglia, se abbia raggiunto il suo momento migliore oppure se abbia iniziato un processo di senescenza che ne comprometterà le caratteristiche. In tal senso potrà essere definito come giovane, pronto, maturo, vecchio o decrepito.
È necessario ricordare che ogni vino ha una sua tipicità e delle caratteristiche proprie e che, quindi, ogni giudizio e ogni valutazione deve essere non solo ben motivata, ma deve tenere conto di quale vino si stia degustando.