Quante volte vi sarà successo di dire “…ho assaggiato il tal vino…” oppure “…il tal vino era buono oppure cattivo…”?
Tutti noi ci riteniamo istintivamente in grado di esprimere un giudizio, ma spesso confondiamo il sacrosanto gusto personale (mi piace, non piace) con un giudizio apparentemente oggettivo (è buono, non è buono): un giudizio “oggettivo”, sempre molto difficile da formulare, richiede un’adeguata conoscenza del prodotto, delle sue caratteristiche, dei suoi possibili difetti e della terminologia normalmente utilizzata per descrivere tutto ciò.
Assaggiare un vino, infatti, non vuol dire solamente berlo, ma soprattutto sottoporlo all’esame dei nostri sensi e, in particolare, della vista, del gusto e dell’olfatto al fine di conoscerlo ricercandone i pregi, i difetti ed esprimendone dettagliatamente le caratteristiche. Per fare tutto ciò non necessitano capacità divine, ma è sufficiente la conoscenza delle tecniche di degustazione, del relativo lessico e tanta tanta pratica (lo so è dura, ma impegnandosi….).
L’esame visivo
Si sa: l’occhio vuole la sua parte. È quindi ovvio che anche nella valutazione di un vino si parta dall’aspetto visivo; questa analisi, però, non solo ci permetterà di esprimere un giudizio “estetico” ma anche di formarci un’idea su alcune caratteristiche gustative e di stato evolutivo che analizzeremo in seguito. Cosa deve essere valutato nell’aspetto di un vino?
Tre sono i fattori più importanti: limpidezza, colore e densità.
La limpidezza
La limpidezza, cioè l’assenza di particelle più o meno piccole in sospensione, ci dà generalmente indicazioni sull’accuratezza del lavoro in cantina (fatte salve, ovviamente, lavorazioni particolari che ne riducano la limpidezza o vini molto invecchiati); un vino poco limpido sarà definito torbido o velato mentre uno senza particelle sospese sarà limpido, cristallino o brillante.
Cristallini o brillanti si definiscono vini che, oltre ad essere completamente privi di particelle in sospensione, siano anche in grado di riflettere particolarmente bene la luce risultando così cristallini o brillanti (per esempio i vini spumanti grazie alla presenza delle bollicine che riflettono al luce).
Il colore
La valutazione del colore non può non usare termini diversi a seconda che si stia descrivendo un vino bianco, rosso o rosato. I vini bianchi sono definiti bianco carta, giallo verdolino, giallo paglierino, giallo dorato e ambrato; per i rossi si utilizzano i seguenti aggettivi: rosso violaceo, rosso porpora, rosso rubino, rosso granato e rosso aranciato.
I rosati, con i loro colori più tenui, sono così caratterizzati: rosa tenue, rosa cerasuolo, rosa chiaretto e buccia di cipolla. Il colore, ovviamente, oltre a essere descritto dalla tonalità è ulteriormente caratterizzato dall’intensità; si parla pertanto di colore pallido, scarico, chiaro, intenso e carico. È importante sottolineare che ogni vino deve avere un colore caratteristico in relazione all’uva, alla lavorazione e all’invecchiamento e su questa base dovrà essere valutato. Si deve però ricordare che il colore non ha solo un valore estetico o descrittivo ma ci racconta anche alcune cose importanti sullo stato evolutivo e di salute del vino che ci apprestiamo a degustare.
Un rosso color granato e aranciato deve essere presente in un vino invecchiato a lungo: se così non fosse potremmo dedurne che la bottiglia non sia stata conservata in modo corretto mentre un vino con riflessi violacei o porpora sarà un vino giovane; un nebbiolo o un pinot nero rubino intenso o addirittura carico sono quasi certamente stati “tagliati” con uve o vini con una maggior carica di colore perché, naturalmente, questi due uve danno origine a vini dal color rubino chiaro.
Un vino bianco di color ambrato è quasi certamente un vino derivante da uve stramature o addirittura passite e, quindi, posso attendermi un elevato grado alcolico e un altrettanto elevato residuo zuccherino. Ovviamente, queste sono solo ipotesi che potranno trovare conferme (o essere smentite) dalla valutazione gusto-olfattiva.
La fluidità
Esiste, però, un altro aspetto visivo che può fornirci indicazioni su grado alcolico e residuo zuccherino: la fluidità del vino nel bicchiere. Roteando il bicchiere si osserva che il vino inizia a ruotare e risale lungo le pareti del bicchiere stesso. Il vino potrà però apparirci molto fluido e ricadere rapidamente sul fondo appena interrompiamo la rotazione, oppure avere un aspetto più o meno denso e scendere lentamente lungo le pareti formando le ben note lacrime (e gli altrettanto noti archetti).
La densità dipende principalmente dagli zuccheri residui e dal contenuto in polialcoli mentre il numero e la velocità di discesa delle lacrime è in relazione al grado alcolico (e in parte minore ancora del contenuto in polialcoli): un vino molto alcolico formerà archetti stretti e numerosi con lacrime che scendono molto lentamente. Questo fenomeno, noto come effetto Marangoni, dipende dagli effetti della variazione di densità del vino dovuta al grado alcolico e all’evaporazione dell’alcol stesso sulla tensione superficiale del liquido. In pratica, un vino passito è probabile risulti molto denso, formi archetti molto fitti e lacrime che scendono assai lentamente avendo un notevole residuo zuccherino e un elevato tasso alcolico.
In relazione alla fluidità i vini sono definiti scorrevoli, poco densi, densi, molto densi o viscosi.
Durante la degustazione di uno spumante l’analisi visiva si arricchisce di un ulteriore parametro: l’effervescenza. La valutazione della qualità dell’effervescenza, e quindi della buona riuscita della presa di spuma, si attua per mezzo della grana e della persistenza del perlage. La grana rappresenta le dimensioni delle bollicine: più le bollicine saranno piccole migliore sarà lo spumante che ci accingiamo ad assaggiare. Si parla perciò di grana grossolana scarsa, media fine e molto fine.
La persistenza del perlage indica la durata dell’effervescenza dello spumante una volta versato: più a lungo saranno osservabili le bollicine migliore sarà la sua qualità. Si parla pertanto di perlage evanescente, scarsamente persistente, mediamente persistente, persistente e molto persistente. È necessario ricordare che per una corretta valutazione dell’effervescenza è indispensabile utilizzare un flute ed evitare assolutamente la rotazione del bicchiere anche durante l’olfazione e l’assaggio per non rovinare il perlage o essere infastiditi dall’eccesso di anidride carbonica che si libererebbe durante la rotazione stessa.