Eccoci infine giunti al termine del nostro percorso all’interno della legislazione e delle etichette dei vini: ci rimane da affrontare un ultimo aspetto, quello dei vini speciali.
Intendiamoci: i vini speciali non sono per forza dei vini particolarmente buoni (talvolta si…però non sempre!). Si definiscono vini speciali quelli che dopo il processo di vinificazione e prima di essere immessi al consumo sono sottoposti ad ulteriori interventi tecnici o all’aggiunta di altri componenti.
Queste interventi tecnici, ovviamente, non devono essere confusi con le sofisticazioni: sono pratiche di cantina tradizionali che permettono di ottenere vini particolari non ottenibili in altro modo. La legislazione italiana e comunitaria riconoscono le seguenti categorie: le mistelle, i vini liquorosi, i vini aromatizzati e i vini spumanti.
Mistelle (o sifoni): sono mosti sufficientemente ricchi di zucchero da poter sviluppare spontaneamente almeno 12° alcolici; a tali mosti si aggiunge alcol fino a raggiungere i 16-22° svolti, cosicché non possano più fermentare. Non si usano da soli ma sono utilizzati nella produzione di altri vini speciali.
Vini liquorosi: sono prodotti a partire da un vino base al quale si aggiunge una combinazione di alcol, mosto concentrato, acquavite o mistella per aumentarne il titolo alcolometrico.La gradazione alcolica di partenza deve essere di almeno 12° mentre quella svolta finale va dai 16 ai 22°.I vini liquorosi più famosi sono il marsala, il porto, il madeira e lo sherry chiamato anche Jerez o Xeres. La lavorazione di questi vini è molto complessa e, a seconda delle scelte effettuate dal cantiniere, possono essere ottenuti vini tra loro molto diversi, ad esempio lo sherry fino o lo sherry oloroso. Entrare nel dettaglio di queste lavorazioni ci porterebbe molto oltre gli scopi di questi contributi; in rete sono in ogni caso presenti numerose informazioni a riguardo.In Italia i vini liquorosi di qualità hanno la sigla VLQPRD ossia Vino Liquoroso di Qualità Prodotto in Regione Determinata.
Vini aromatizzati: sono vini addizionati con alcol, saccarosio ed estratti vegetali. In Italia esiste una tradizione di vini aromatizzati: i più famosi sono sicuramente il vermouth e il barolo chinato (noi ghiottoni pavesi non dobbiamo però dimenticare gli ottimi buttafuoco chinati delle nostre colline). In Sicilia è prodotto anche l’Antico Liquorvino Amarascato (ALA), vino aromatizzato con un infuso di foglie di marasca.
Ritengo opportuno ricordare la differenza fra vini aromatizzati, cioè quelli appena descritti, e i vini aromatici che si ottengono da uve aromatiche (per esempio, moscato, malvasia, traminer…) e per i quali non è ammessa l’aggiunta di nessuna sostanza aromatizzante.
Vini spumanti: sono vini rifermentati che devono mantenere in bottiglia una sovrappressione di almeno 3bar a una temperatura di 20°C (di solito 5 – 6 bar). La rifermentazione, ottenuta mediante l’aggiunta ad un vino base di zucchero e lieviti, può avvenire in bottiglia (metodo classico o champenoise) oppure in grossi recipienti (autoclavi) sempre dopo avere aggiunto zucchero e lieviti (metodo Martinotti o charmat).
Nel metodo classico la rifermentazione in bottiglia permette la permanenza del vino a contatto dei lieviti per anni (minimo 18 mesi) sviluppando così aromi molto particolari. Prima di essere messo in commercio avviene la sboccatura, cioè l’apertura di ciascuna bottiglia per poter eliminare ciò che resta dei lieviti aggiunti (fecce). In questa fase è possibile l’aggiunta del cosiddetto liqueur d’expedition; nel caso in cui quest’aggiunta non sia effettuata si parla di metodo classico pas dosé.
Ultimamente i produttori più seri indicano in etichetta la data di sboccatura: un buon metodo classico dovrà generalmente avere una lunga permanenza sui lieviti ma essere sboccato di recente. Il millesimo, cioè l’anno di vendemmia, è indicato obbligatoriamente solo negli spumanti di alta qualità.
Il metodo Martinotti, generalmente usato con uve molto fruttate e/o floreali quali prosecco e moscato, è imbottigliato direttamente dall’autoclave e, pertanto, non subisce la sboccatura; anche per questi spumanti il millesimo è indicato obbligatoriamente solo negli spumanti di alta qualità. Questo metodo, più rapido ed economico (la permanenza in autoclave non supera i 12 mesi), è comunque in grado di regalarci prodotti di ottima qualità.
In base al residuo zuccherino finale gli spumanti sono così classificati: Pas dosé <3g/l, Extra brut 0 6g/l, Brut <15g/l, Extra – dry 12-20 g/l, Dry o sec 17-35 g/l, Demi-sec o Abboccato 33-50 g/l, Doux o dolce> 50 g/l. Il fatto che alcuni intervalli si sovrappongano permette al singolo produttore di decidere, ad esempio, se etichettare un proprio spumante come brut o extra brut.In Italia gli spumanti di qualità hanno la sigla VSQPRD ossia Vino Spumante di Qualità Prodotto in Regione Determinata.